Il Tribunale di Reggio Emilia, con Decreto depositato lo scorso 20.10.2022, ha previsto che la proposta di ristrutturazione dei debiti del consumatore, ai sensi dell’art. 67 CCII, è ammissibile anche in presenza di un sovraindebitamento di natura promiscua derivante, in misura prevalente, da debiti di natura personale (nel caso di specie, un mutuo ipotecario fondiario stipulato per l'acquisto della casa) e, in misura minore, dall'attività di impresa svolta in passato dai ricorrenti e cessata da oltre un anno.

Nel caso sottoposto all’attenzione del Tribunale, due coniugi presentavano congiuntamente una proposta di ristrutturazione dei debiti del consumatore, dichiarando di avere accumulato debiti sia di natura personale, sia derivanti dall’attività di impresa.
In particolare, i ricorrenti riferivano che l’indebitamento personale comune era sostanzialmente legato alla sottoscrizione di un contratto di mutuo ipotecario, stipulato per l'acquisto della casa, nonché alle vicende familiari connesse a un problema di salute della figlia, mentre l’ulteriore debitoria era riconducibile all’attività d'impresa. Entrambi i coniugi erano stati infatti titolari di impresa individuale cancellata da oltre un anno (rispettivamente, nel 2014 e nel 2017).
Con Decreto depositato in data 20.10.2022, il Tribunale ha disposto la pubblicazione della proposta, per gli incombenti previsti dall’art. 70 CCII, disponendo altresì la sospensione delle procedure esecutive e cautelari sul patrimonio dei debitori che avrebbero potuto pregiudicare la fattibilità del piano.
La pronuncia del Tribunale di Reggio Emilia si colloca nel solco tracciato da quella giurisprudenza che, a partire dalla sentenza della Cassazione n. 1869/2016, ha progressivamente esteso i confini della definizione di “consumatore”, giungendo talvolta a ritenere ammissibile la presentazione di una domanda di ristrutturazione di una debitoria c.d. “promiscua” o “mista”.
Il provvedimento del Tribunale di Reggio Emilia è interessante anche alla luce delle nuove disposizioni introdotte con il Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, poiché si propone di superare le criticità connesse ad una interpretazione strettamente letterale della nozione di consumatore.
L’attuale formulazione dell’art. 2, comma 1, lett. e), CCII definisce infatti “consumatore” “la persona che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale commerciale artigiana o professionale eventualmente svolta anche se socio di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV, e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, per i debiti estranei a quelli sociali”.
Dunque, dal tenore letterale dell’art. 2, la procedura di ristrutturazione dei debiti del consumatore, ai sensi dell’art. 67 CCII, parrebbe riservata unicamente a coloro che, seppur eventualmente soci di società di persone, debbano ristrutturare unicamente debiti estranei a quelli sociali. Allo stesso modo, l’accesso alla procedura sarebbe impedito al debitore persona fisica per i debiti derivanti dall’attività di Impresa cessata da oltre un anno.
In proposito, prima dell’entrata in vigore del Codice della Crisi, il debitore persona fisica che avesse voluto ristrutturare una debitoria promiscua (dunque parzialmente riconducibile all’attività imprenditoriale, anche se cessata), avrebbe potuto accedere alla procedura dell’accordo di composizione della crisi, ai sensi dell’art. 10 L. 3/2012, sottoponendo la proposta al voto dei creditori, o eventualmente ricorrere alla liquidazione del proprio patrimonio ex art. 14-ter.
Tale scenario non sarebbe oggi possibile, considerato come l’art. 33, comma 4, CCII vieti il ricorso al concordato minore (ovvero l’ex accordo di composizione della crisi) all’imprenditore cancellato dal Registro delle Imprese. Dunque, con l’introduzione del Codice della Crisi, il debitore che intenda ristrutturare una debitoria mista potrebbe farlo unicamente ricorrendo alla liquidazione controllata ex art. 268 e ss. CCII.
Eppure, nella vigenza della Legge 3/2012, si erano fatte strada diverse soluzioni interpretative dirette ad estendere la definizione di consumatore, dichiarando ammissibile il piano se, ad esempio, proposto da un imprenditore cessato o, ancora, laddove la debitoria consumeristica fosse prevalente rispetto ai residui debiti imprenditoriali o professionali.
Il Tribunale di Reggio Emilia ha dunque ritenuto ammissibile la proposta (congiunta) dei ricorrenti poiché, da un lato, il debito complessivo era prevalentemente rappresentato dal mutuo ipotecario stipulato per l’acquisto della casa, dall’altro, perché le imprese individuali dei ricorrenti erano ormai cancellate dal Registro delle Imprese da oltre un anno e, dunque, non più assoggettabili alla liquidazione giudiziale.
Giova infine segnalare che la procedura di ristrutturazione, così come formulata dai ricorrenti con l’assistenza dell’OCC, ha consentito di gestire il debito ipotecario assicurando ai creditori un trattamento non inferiore rispetto a quello che avrebbero ricavato dalla vendita coatta e consentendo ai debitori di salvaguardare la propria abitazione principale.
Comments